conservazione in situ

L’articolo 8 della CBD (Convention on Biological Diversity) fornisce un buon quadro per quanto riguarda gli obiettivi e le tecniche della conservazione in situ. Questo articolo invita ogni singola nazione a impegnarsi per la realizzazione di un sistema di aree protette (come parchi nazionali, riserve ecc.) nelle quali vengano adottate misure speciali atte a conservare la diversità biologica. Affinchè avvenga una buona conservazione in situ è fondamentale adottare delle misure che consentano la salvaguardia della rete di relazioni che caratterizzano l’ambiente che si vuole proteggere. Prima di pianificare misure di conservazione è necessario studiare prima il numero di popolazioni, la loro variabilità genetica, il sistema riproduttivo e i meccanismi di dispersione dei semi. Queste informazioni ci permettono di avere informazioni sui rapporti esistenti fra le diverse popolazioni e sulla loro capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali consentendoci quindi di adottare tecniche di salvaguardia adeguate evitando quindi azioni potenzialmente negative che potrebbero causare danni di cui non siamo a conoscenza. Nella conservazione in situ è fondamentale considerare e monitorare diversi fattori che influenzano la biodiversità; questi fattori sono: danneggiamento dell’habitat da parte delle attività umane come ad esempio il taglio delle foreste, gli incendi controllati, l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e l’invasione di specie esotiche; presenza di insetti impollinatori (molte specie sono impollinate da un solo tipo di insetti e un calo demografico dell’insetto può causare seri problemi alla riproduzione della pianta); presenza di specie che si nutrono dei semi di una certa pianta (se queste aumentano possono rappresentare un pericolo per le piante); la frammentazione degli habitat che spesso comporta una perdita della diversità genetica in seguito ad una diminuzione dell’attività degli impollinatori.