Da pittore a cercatore di piante
La ricerca sulle vecchie varietà di piante da frutto è partita circa venticinque anni fa nei territori dell’Alta Valle del Tevere, antico crocevia di diverse regioni: Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche.

Livio Dalla Ragione, pittore ed esperto di storia dell’arte, negli anni Sessanta decise
di bruciare i suoi quadri e di dedicarsi al recupero dell’ambiente in cui era cresciuto;
nacque così il Museo delle Tradizioni Popolari e della Civiltà Contadina. Ad esso venne
poi aggiunto un museo “vivo”, la cui funzione era, ed è tuttora, quella di riunire e
salvaguardare antiche varietà di piante fruttifere. A Livio si unì più tardi la figlia
(vedi immagine a lato):
insieme andarono alla ricerca delle specie in luoghi abitati da anziani agricoltori, in
poderi abbandonati, in conventi di clausura; questi ultimi si sono rivelati una preziosa
fonte di informazione e ritrovamenti soprattutto grazie alla loro tendenza alla chiusura,
che li aveva portati a conservare esemplari che nel mondo circostante andavano via via
perdendosi. Fu notevole anche la ricerca bibliografica servendosi di opere letterarie e
di botanica in cui gli antichi frutti erano citati, o lo studio dei quadri in cui essi
erano stati rappresentati.
Il frutto di tali ricerche ha portato alla nascita di una ricca collezione (circa 500
piante e arbusti appartenenti a 150 varietà di differenti tipologie di frutti) in una
piccola azienda agricola a S. Lorenzo di Lerchi, nelle vicinanze di Città di Castello,
di cui oggi, dopo la morte del padre, si occupa solo Isabella Dalla Ragione. Per sostenere
l’attività di ricerca e conservazione della collezione e per diffondere e proteggere le
vecchie varietà fruttifere, è stata fondata nel 1989 l’Associazione “Archeologia Arborea”.
Purtroppo, nonostante tale attività desti un forte interesse sia in Italia che all’estero,
non esistono finanziamenti pubblici a sostegno dell’opera di recupero di Isabella. Pertanto,
l’associazione offre, per una cifra simbolica, un attestato di adozione ai propri soci: il
“tutore” si impegna a visitare la propria pianta almeno una volta all’anno recandole un
simbolico omaggio; egli può raccoglierne i frutti tranne tre, che vengono lasciati: uno per
il sole, uno per la terra e uno per la pianta, secondo una antica tradizione locale.