la Biodiversita': un'introduzione al sito

In questa breve presentazione vorremmo provare a chiarire perché si è scelto di realizzare un sito web sulla biodiversità all’interno di un contesto didattico universitario. Negli ultimi due decenni, in tutto il mondo gli enti di ricerca scientifica, le agenzie per la conservazione della natura e molti organi di informazione hanno dato corso a innumerevoli campagne mirate alla sensibilizzazione dei cittadini sui problemi della biodiversità. Inoltre, come molte persone sanno, l’anno 2010 è stato designato “anno della biodiversità” dall’ONU.

Tuttavia, come emerge da alcune indagini sociali e dai più recenti sondaggi che hanno esplorato il livello di conoscenza e informazione in merito alle principali criticità del patrimonio ecologico e naturalistico del pianeta, “biodiversità” è tuttora un termine privo di un significato preciso per gran parte dei cittadini dell’Unione Europea. I rilevamenti raccolti dalle Istituzioni demoscopiche dell’Unione fanno emergere che, pur riconoscendo la grande rilevanza della biodiversità, i cittadini europei non hanno ancora percepito l’attualità e la portata dei rischi a cui essa è sottoposta, ritenendo che per il momento la perdita di biodiversità sia soltanto una “possibile” minaccia per il futuro. Le più importanti autorità internazionali impegnate sul fronte della conservazione ecologica, invece, informano che gli attuali ritmi di estinzione delle specie animali e vegetali sono da 1.000 a 10.000 volte più alti di quello che viene considerato il tasso naturale di estinzione (la cosiddetta “estinzione di sfondo”). Alcuni dati riportati nella letteratura scientifica evidenziano che negli ultimi quattro secoli si sono estinte per cause antropiche almeno 300-350 specie di vertebrati, circa 400 specie di invertebrati, e un numero certamente significativo di piante che purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, non è determinabile in modo altrettanto preciso. Resta il fatto che la quantificazione reale dell’estinzione delle specie è un processo estremamente critico, dal momento che le misure si basano su dinamiche che non riusciamo a osservare direttamente ma delle quali, nella migliore delle eventualità, possiamo verificare solo la fase terminale. Tali dinamiche, oltretutto, sono inserite in una realtà che ci è nota per frammenti, per la semplice ragione che quasi sicuramente il numero effettivo delle specie presenti sul pianeta è di gran lunga maggiore del numero di quelle formalmente descritte e denominate secondo le regole della tassonomia e della nomenclatura biologica. Ciò costituisce un limite notevole per la conoscenza scientifica e al tempo stesso una seria preoccupazione per il futuro della ricchezza biologica della Terra. L’impossibilità di disporre di una fotografia sufficientemente dettagliata della biodiversità naturale odierna, infatti, impedisce di formulare previsioni fondate su quelle che in prospettiva potrebbero essere le sorti degli ecosistemi, la cui resilienza dipende dalle relazioni che si stabiliscono tra organismi e popolazioni di specie diverse nel quadro dell’ambiente abiotico nel quale esse sono inserite ed evolvono. C’è da dire che per molte specie ancora viventi viene comunque registrata una riduzione delle popolazioni degna di interesse, al punto che in termini tecnici si parla di specie o popolazioni assoggettate a rischi di estinzione di vario grado.

Il problema, in ogni caso, non riguarda soltanto la varietà delle risorse naturali intese in senso convenzionale, ma anche la biodiversità che è alla base della stessa sussistenza umana, ossia le risorse vegetali di interesse agricolo. Del numero totale di specie vegetali oggi conosciute, quelle commestibili dovrebbero essere circa 30.000. Di queste 30.000, nel corso della sua storia, Homo sapiens ha usato per uso alimentare – coltivandole o raccogliendole in natura – circa 7.000 specie. Oggi, tuttavia, oltre il 90% della produzione alimentare globale è sostenuto da meno di venti di specie vegetali coltivate, delle quali soltanto tre – riso, grano e mais – forniscono oltre il 60% dell’energia che l’uomo ricava dagli alimenti vegetali. L’inevitabile conseguenza di tutto questo è una drastica riduzione della biodiversità sulla quale si regge il sistema dell’agricoltura moderna e una progressiva sostituzione delle specie locali, spesso erroneamente definite “minori”, con quelle ritenute più importanti secondo i criteri del mercato agro-alimentare globale. Anche senza entrare nel merito della tragedia umanitaria (la fame) che si sta consumando nei paesi poveri – sotto gli occhi disattenti di un mondo occidentale inerme e sempre più in crisi per bolle ed opulenze finanziarie che esso stesso genera – nessuno sa quali potrebbero essere gli effetti di tale erosione agro-biologica sulla produzione futura di alimenti.

Tale digressione molto sintetica serve soltanto a illustrare la ragione per cui, nel contesto di un semplice insegnamento di una laurea scientifica, si è sentita l’esigenza di condividere alcune conoscenze non solo con altri studenti e docenti universitari (a prescindere dalla facoltà e dall’ateneo di affiliazione) ma più in generale con tutti gli studiosi, le organizzazioni, i centri culturali, i professionisti, i giovani e i semplici cittadini che coltivano un interesse nell’ambito delle attività scientifiche finalizzate alla conservazione e alla tutela dei beni comuni. Riteniamo infatti che l’Università sia un’istituzione fondamentale della realtà sociale ed economica del nostro tempo, e come tale debba tornare a fornire, attraverso la disseminazione di una cultura indipendente da interessi particolari e ideologie, strumenti critici di conoscenza anzitutto agli studenti, ma anche a tutti coloro che ancora oggi, nonostante tutto, restano convinti di essere parte di un comune tessuto antropologico, ambientale e sociale.

Un’ultima considerazione che, per ragioni di trasparenza, ci preme puntualizzare. Questo sito web, fin dalle sue premesse, sta deliberatamente dalla parte della natura e dalla parte della libera circolazione delle conoscenze sulla natura. In esso non vi è alcuna pretesa di “calare dall’alto” il sapere della scienza, né, tanto meno, quella di essere incontestabile. Anzi, il sito si ispira a un’idea di contratto sociale in cui alcuni valori come la conoscenza, la cittadinanza, l’uguaglianza e la responsabilità si intrecciano in modo paritario restituendo un significato autentico a un’espressione che al giorno d’oggi può suonare un po’ desueta: civiltà della scienza. Forse i due progettisti del sito web diffidano un po’ troppo dei modelli culturali prevalenti in questo inizio di millennio, e forse non sono riusciti a stare al passo con i tempi. Ma ciò non cambia di una virgola un fatto – questo sì – incontestabile: è arrivato il momento di occuparsi seriamente dell’erosione e del deterioramento delle risorse del territorio e delle acque della Terra. Occuparsi di queste risorse significa, inevitabilmente, occuparsi delle donne e degli uomini del presente, assicurando un futuro alle donne e agli uomini che verranno.

Massimo Manghi, Carlo Modonesi
Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale
Università degli Studi di Parma