La valutazione della biodiversità

Per attribuire valori quantitativi alla biodiversità, occorre una sempre maggiore comprensione della struttura e del funzionamento degli ecosistemi.

La biodiversità, nei suoi diversi livelli, da quella genetica all’interno della specie, alla diversità fra specie,a quella ecologica (Norse et alii, 1986), dipende dai grandi processi naturali come, ad es., le interazioni tra specie diverse, il ciclo dei nutrienti, etc. (Noss, op. cit.), e da differenti fattori ambientali, quali la latitudine, l’altitudine, la radiazione solare, l’umidità, etc. Mentre alcuni di questi fattori esercitano la loro influenza, in termini spaziali (e temporali) a livello continentale e regionale, gradienti e variazioni di biodiversità a scala locale sono da mettere in relazione anche a particolari situazioni, come la presenza di efficienti corridoi ecologici tra aree protette vicine, il disturbo antropico, etc.

La biodiversità totale di una determinata area è, quindi, la risultante sistemica di differenti processi, che operano su scale diverse, e dei rapporti che si sono creati nel tempo tra le componenti ambientali, i fattori naturali e l’azione antropica. Per poterla “misurare” occorre, pertanto, evidenziare i suoi attributi primari, quali composizione, struttura e funzioni (Noss, op. cit.) e attribuire loro un peso, al fine di confrontare ecosistemi o habitat diversi, non solo da un punto di vista qualitativo, ma anche quantitativo.

Già nella prima metà di questo secolo, per quantificare la biodiversità,intesa come numero di specie presenti in una determinata area oggetto d’indagine (ricchezza in specie) o come abbondanza con la quale si ritrova una certa specie, sono stati sviluppati diversi indici .